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venerdì 16 maggio 2008

La regola del P.O.R.C.O.

Mi piace e mi diverte moltissimo.
Nessuno come Beppe Severgnini ha la straordinaria abilità di dire cose serissime in modo esilarante.
Da oggi comincia la raccolta delle regole di scrittura.
Prima che qualcuno le formalizzasse le ho applicate in modo intuitivo prima di conoscerle, scegliendo volta per volta quelle più utili.
Da un po' di tempo le "colleziono" nel tentativo di costruire un "metodo sistematico", pur consapevole che si tratta di tecniche che , di per sé, non ci rendono automaticamente buoni scrittori.
Però ci aiutano a decollare, ci guidano, ci danno una traccia di percorso da seguire. Il resto dobbiamo mettercelo noi.
Dovendo decidere da dove cominciare, questo mi pare un buon inizio. Indica un metodo che, sia pure con un acronimo "inquietante", ha il pregio di inquadrare bene il problema. E poi è tutto italiano.
Per ciascun punto ho messo un po' della mia storia professionale e dei "trucchi" che mi sono inventata per procedere e scrivere testi di cui sentirmi soddisfatta.

LA REGOLA DEL P.O.R.C.O.
Pensa (aspetta a scrivere; prima decidi cosa dire)

Prima di affrontare il foglio bianco è utile cercare un punto di partenza.
Io parto dal vocabolario. Scelgo le parole chiave e guardo cosa significano. Chi mi conosce capisce che sto riflettendo (e quindi che deve girare a largo!) dalla marea di dizionari spalancati sulla scrivania.
Perché quello che di solito accade è che nella definizione di una parola si trovino concetti interessanti. Così seguire il filo delle parole diventa un modo per ragionare, per esplorare, per scoprire.

Organizza (metti giù un piano d’azione, diviso per punti)
Le parole chiave sono un buon punto di partenza per costruire una scaletta e per mettere in sequenza i concetti. Le parole aiutano anche a costruire le "mappe" del testo che verrà.
La scaletta è per me la parte cruciale del lavoro. Se è fatta bene, il resto è molto più facile.

Rigurgita (butta fuori, senza pensarci troppo)
Seguendo la scaletta, ma anche andando a ruota libera, comincio a costruire le frasi, gli argomenti. Questa è la fase più disordinata di tutte. E deve esserlo, per funzionare bene.
Nessuna logicità, nessuna censura. Solo la penna, immaginario "retino", per acchiappare al volo i pensieri che svolazzano in testa. L'importante è "metterli a verbale", non lasciarseli sfuggire. E per farlo non è utile andare troppo per il sottile.
Questa fase per me arriva all'improvviso, come un'ondata. Spesso mi capita di dover scrivere "in velocità" e che le mani, specialmente sulla tastiera del computer, non riescano a star dietro ai pensieri. Per questo scrivo a mano.

Correggi (rileggi con calma)
Rileggere con calma per me significa prima di tutto "trascrivere" al computer. E' un modo di rileggere un po' particolare; per me significa concentrarmi su quello che ho scritto, rifletterci sù. E poi trascrivendo al computer si attiva l'opzione "copia e incolla" che a questo punto del lavoro diventa una risorsa e non una pericolosa scorciatoia.

Ometti (togli tutto ciò che non è necessario)
Una volta buttato giù il testo grezzo, si passa a quella che io chiamo "limatura". Ho scoperto che molti, come me, dedicano molto tempo al lavoro di selezionare le parole utili da quelle inutili, le ridondanze e il "superfluo" in generale. In prima battuta faccio strage di avverbi e aggettivi. Poi "asciugo", riscrivo, aggiungo o tolgo punteggiatura.
Poi rileggo a voce alta, per sentire come "suona". E' un metodo formidabile per scoprire le magagne: periodi troppo lunghi, dissonanze, intoppi.

In realtà il lavoro non finisce qui. Ci sono altre cose da fare prima di considerare "chiuso" un testo. Ma di questo avremo modo di parlare.

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