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venerdì 5 giugno 2009

La campagna elettorale più brutta della storia

In questi tempi confusi e contorti ero curiosa di sentire qualcosa di vicino, sia pure di poco, alla realtà quotidiana.

Eppure di domande ce ne sono tante, di richieste anche di più. Volendo c'era di che rispondere.

Ci sono in ballo più di 70 seggi al Parlamento Europeo, a qualcuno dovranno pur interessare.

E invece pare proprio che dell'Europa non importi proprio niente a nessuno.
Ora che è virtualmente finita e i giochi sono più o meno fatti lo posso dire con animo sereno: raramente mi è capitato di assistere ad una campagna elettorale così becera, vuota di proposte, senza neanche l'ombra di un'idea.

Certo, anche il più bravo dei comunicatori ha pur sempre bisogno di un appiglio, di un barlume di idea, di una lanterna di senso.
In questo caso nulla, il vuoto assoluto.

E di fronte a tanta pochezza chi fa il mio mestiere non può che arrendersi, frustrato dalla consapevolezza di poter aiutare qualcuno che ha qualcosa da dire ma di non poter riempire di contenuti la testa di persone che sono convinte, chissà perché, che l'impresa sia già realizzata.

venerdì 22 maggio 2009

Di questi tempi può servire....


Il film è del 1963. Non è poi cambiato granché...

sabato 28 marzo 2009

Obama Social Media Marketing & Web Communication Strategy

Ieri sono stata al forum della Comunicazione.
Ed ho assistito all'intervento di Andrea Genovese sulle skills di Obama e su come ha saputo utilizzarle nella sua campagna elettorale.
L'ho trovata intelligente ed esaltante: dimostra come consapevolezza, determinazione e competenza facciano la differenza, e quanto saper ascoltare sia diventato più importante che saper informare.
Ci voleva!

martedì 27 gennaio 2009

Semplicemente magnifico!

Che lo staff dei comunicatori di Barak Obama fosse in gamba non c'erano dubbi.
Che lui per primo lo fosse fino a questo punto continua a sorprendermi.
Come tanti, anch'io ho un account su Facebook. Tra i tanti gruppi a cui mi è stato proposto di iscrivermi ce n'è appunto uno di fans di Barak Obama. Mi sono iscritta, un po' per convinzione un po' per curiosità.
E qualche giorno fà ho ricevuto un messaggio in cui mi si annunciava che c'era un messaggio per me da parte di Barak: eccolo!
Condivido in toto il contenuto del messaggio. Sono cose che penso e che mi sforzo di fare, combattuta tra la voglia di cambiare il mondo e la consapevolezza di poter agire solo nel piccolo ambito in cui mi trovo. Il fatto che il Presidente degli Stati Uniti d'America dica le stesse cose mi emoziona moltissimo. Se lo dice lui allora vuol dire che un mondo senza guerre, in cui la convivenza delle diversità è una risorsa e che rispettare l'ambiente non è un'utopia si può fare.
E vuol dire anche che gli sforzi che ognuno di noi fa ogni giorno non sono inutili, e che vale la pena di continuare a farli.

mercoledì 21 gennaio 2009

Il discorso di Barak


Ho appena fatto in tempo a scaricare dal sito di Repubblica il testo del discorso di Obama.
Avrei voluto pubblicare solo qualche stralcio e linkare il post al sito, ma mentre lo leggevo l'hanno eliminato!
Allora non mi resta che segnalare un bellissimo articolo di Vittorio Zucconi, che inizia:
"Un uomo che sessanta anni or sono non sarebbe neppure stato servito in un ristorante, oggi presta giuramento per assumere la più alta carica della nazione".

Quanto al discorso di insediamento non ho desistito dal mio proposito: ho eliminato tutte le parti squisitamente politiche e mi sono soffermata su ciò che Obama ha detto agli americani riguardo a loro stessi, alle loro radici e al loro futuro. Il che, a mio avviso, è la base per realizzare tutto il resto.

Avevamo bisogno di sentire queste parole, perché, forse, riguardano un po' anche ciascuno di noi.

OGGI mi trovo di fronte a voi, umile per il compito che ci aspetta, grato per la fiducia che mi avete accordato, cosciente dei sacrifici compiuti dai nostri avi. (...)

(...) In quei momenti, l'America è andata avanti non solo grazie alla bravura o alla capacità visionaria di coloro che ricoprivano gli incarichi più alti, ma grazie al fatto che Noi, il Popolo, siamo rimasti fedeli agli ideali dei nostri antenati e alle nostre carte fondamentali.

Così è stato finora. Così deve essere per questa generazione di americani.

E' ormai ben chiaro che ci troviamo nel mezzo di una crisi. La nostra nazione è in guerra contro una rete di violenza e di odio che arriva lontano. La nostra economia si è fortemente indebolita, conseguenza della grettezza e dell'irresponsabilità di alcuni, ma anche della nostra collettiva incapacità di compiere scelte difficili e preparare la nostra nazione per una nuova era. C'è chi ha perso la casa. Sono stati cancellati posti di lavoro. Imprese sono sparite. Il nostro servizio sanitario è troppo costoso. Le nostre scuole perdono troppi giovani. E ogni giorno porta nuove prove del fatto che il modo in cui usiamo le risorse energetiche rafforza i nostri avversari e minaccia il nostro pianeta.

(...)

Oggi vi dico che le sfide che abbiamo di fronte sono reali. Sono serie e sono numerose. Affrontarle non sarà cosa facile né rapida. Ma America, sappilo: le affronteremo.

Oggi siamo riuniti qui perché abbiamo scelto la speranza rispetto alla paura, l'unità degli intenti rispetto al conflitto e alla discordia.

Oggi siamo qui per proclamare la fine delle recriminazioni meschine e delle false promesse, dei dogmi stanchi, che troppo a lungo hanno strangolato la nostra politica.

(...) E' venuto il momento di riaffermare il nostro spirito tenace, di scegliere la nostra storia migliore, di portare avanti quel dono prezioso, l'idea nobile, passata di generazione in generazione: la promessa divina che tutti siamo uguali, tutti siamo liberi e tutti meritiamo una possibilità di perseguire la felicità in tutta la sua pienezza.

Nel riaffermare la grandezza della nostra nazione, ci rendiamo conto che la grandezza non è mai scontata. Bisogna guadagnarsela. (...)

Sono stati invece coloro che hanno saputo osare, che hanno agito, coloro che hanno creato cose - alcuni celebrati, ma più spesso uomini e donne rimasti oscuri nel loro lavoro, che hanno portato avanti il lungo, accidentato cammino verso la prosperità e la libertà.

Per noi, hanno messo in valigia quel poco che possedevano e hanno attraversato gli oceani in cerca di una nuova vita.

(...) Hanno visto nell'America qualcosa di più grande che una somma delle nostre ambizioni individuali; più grande di tutte le differenze di nascita, censo o fazione.

(...) Le nostre capacità rimangono inalterate. Ma è di certo passato il tempo dell'immobilismo, della protezione di interessi ristretti e del rinvio di decisioni spiacevoli. A partire da oggi, dobbiamo rialzarci, toglierci di dosso la polvere, e ricominciare il lavoro della ricostruzione dell'America.

Perché ovunque volgiamo lo sguardo, c'è lavoro da fare. (...)

Costruiremo le strade e i ponti, le reti elettriche e le linee digitali che alimentano i nostri commerci e ci legano gli uni agli altri. Restituiremo alla scienza il suo giusto posto e maneggeremo le meraviglie della tecnologia in modo da risollevare la qualità dell'assistenza sanitaria e abbassarne i costi.

Imbriglieremo il sole e i venti e il suolo per alimentare le nostre auto e mandare avanti le nostre fabbriche.
E trasformeremo le nostre scuole, i college e le università per venire incontro alle esigenze dei tempi nuovi. Possiamo farcela. E lo faremo.

Ora, ci sono alcuni che contestano le dimensioni delle nostre ambizioni - pensando che il nostro sistema non può tollerare troppi grandi progetti. Costoro hanno corta memoria. Perché dimenticano quel che questo paese ha già fatto. Quel che uomini e donne possono ottenere quando l'immaginazione si unisce alla volontà comune, e la necessità al coraggio.

Quel che i cinici non riescono a capire è che il terreno gli è scivolato sotto i piedi. Gli argomenti politici stantii che ci hanno consumato tanto a lungo non sono più applicabili. La domanda che formuliamo oggi non è se il nostro governo sia troppo grande o troppo piccolo, ma se funzioni o meno - se aiuti le famiglie a trovare un lavoro decentemente pagato, cure accessibili, una pensione degna. (...)

(...) Ma la crisi ci ricorda che senza un occhio rigoroso, il mercato può andare fuori controllo e la nazione non può prosperare a lungo quando il mercato favorisce solo i già ricchi. (...)

(...) sappiate che l'America è amica di ogni nazione e di ogni uomo, donna e bambino che sia alla ricerca di un futuro di pace e dignità, e che noi siamo pronti ad aprire la strada ancora una volta.

Ricordiamoci che le precedenti generazioni hanno sgominato il fascismo e il comunismo non solo con i missili e i carriarmati, ma con alleanze solide e convinzioni tenaci. Hanno capito che il nostro potere da solo non può proteggerci, né ci autorizza a fare come più ci aggrada. Al contrario, sapevano che il nostro potere cresce quanto più lo si usa con prudenza. La nostra sicurezza emana dalla giustezza della nostra causa, dalla forza del nostro esempio, dalle qualità dell'umiltà e del ritegno.

(...)

Perché noi sappiamo che il nostro retaggio "a patchwork" è una forza e non una debolezza. Noi siamo una nazione di cristiani e musulmani, ebrei e induisti e non credenti. Noi siamo formati da ciascun linguaggio e cultura disegnata in ogni angolo di questa Terra; e poiché abbiamo assaggiato l'amaro sapore della Guerra civile e della segregazione razziale e siamo emersi da quell'oscuro capitolo più forti e più uniti, noi non possiamo far altro che credere che i vecchi odi prima o poi passeranno, che le linee tribali saranno presto dissolte, che se il mondo si è rimpicciolito, la nostra comune umanità dovrà riscoprire se stessa; e che l'America deve giocare il suo ruolo nel far entrare il mondo in una nuova era di pace.

(...)
Forse le nostre sfide sono nuove. Gli strumenti con cui le affrontiamo forse sono nuovi. Ma i valori da cui dipende il nostro successo - lavoro duro e onestà, coraggio e fair play, tolleranza e curiosità, lealtà e patriottismo - tutto questo è vecchio. Sono cose vere. Sono state la forza tranquilla del progresso nel corso di tutta la nostra storia. Quel che è necessario ora è un ritorno a queste verità. Quel che ci viene chiesto è una nuova era di responsabilità - il riconoscimento, da parte di ogni americano, che abbiamo un dovere verso noi stessi, la nostra nazione, il mondo, doveri che non dobbiamo accettare mugugnando ma abbracciare con gioia, fermi nella consapevolezza che non c'è nulla di più soddisfacente per lo spirito, così importante per la definizione del carattere, che darsi completamente per una causa difficile.

(...)

America. Di fronte ai nostri pericoli comuni, in questo inverno dei nostri stenti, ricordiamo queste parole senza tempo. Con speranza e virtù, affrontiamo con coraggio le correnti ghiacciate, e sopportiamo quel che le tempeste ci porteranno. Facciamo sì che i figli dei nostri figli dicano che quando siamo stati messi alla prova non abbiamo permesso che questo viaggio finisse, che non abbiamo voltato le spalle e non siamo caduti. E con gli occhi fissi sull'orizzonte e la grazia di Dio su di noi, abbiamo portato avanti il grande dono della libertà e l'abbiamo consegnato intatto alle generazioni future.

mercoledì 12 novembre 2008

La campagna di Obama

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Breve ma efficace presentazione curata dallo stratega della campagna di Obama che spiega le mosse chiave che hanno portato alla vittoria.

mercoledì 5 novembre 2008

Perché Obama è diventato Presidente

All’indomani della netta vittoria di Barak Obama nella corsa alla Casa Bianca da più parti si sottolinea il ruolo decisivo di Internet nella campagna del primo presidente nero degli Stati Uniti d’America.
Ho cercato di capire perché facendo quello che suppongo abbiano fatto milioni di americani in questi ultimi mesi: sono andata sui siti dei due candidati e ho verificato come può una buona comunicazione su Internet valere la presidenza degli Stati Uniti.

In sintesi mi è apparso evidente che l’approccio relazionale ha vinto su quello autoreferenziale, che “noi” e “io e voi” non sono la stessa cosa, che la partecipazione è più efficace della delega, che coinvolgere paga più di convincere.

Home page
Obama: “Vi chiedo di credere. Non solo nella mia abilità di portare un vero cambiamento a Washington. Vi chiedo di credere in voi.”
Foto: Obama e Biden che guardano lontano verso l’alto, postura a tre quarti.
Discorso diretto, proiezione in avanti, sguardo verso l'alto e lontano = invito a seguire.

McCain: “Priorità per il paese RIFORME – PROSPERITA’ – PACE”
Foto: McCain a Palin che guardano davanti a sé, postura frontale.
Discorso indiretto, posizione frontale, sguardo ipnotico = invito a sottoscrivere.

Biografie
Incontra Barak Obama: testo riassuntivo poi la vita per periodi. Un solo video, intitolato “Incontra Barak”
Le prime righe “Barak Obama è stato cresciuto da sua madre, single, e da sua nonna. Non avevano molti soldi ma gli hanno trasmesso i valori della terra del Kansas in cui erano cresciute. Ha fatto debiti per andare a scuola. Dopo il college ha lavorato per le Chiese cristiane aiutando le comunità devastate dalla chiusura delle acciaierie.
Pochissimi aggettivi, fatti che indicano un percorso di vita complicato = vicinanza, condivisione.

Su John McCain: testo diviso in paragrafi senza titoli, molte foto.
Titolo: ha sempre messo il paese al primo posto.
Le prime righe: “Pronto dal primo giorno. John McCain ha un notevole esperienza di leadership che incarna l’impegno di tutta la sua vita nel servizio. Eletto per la prima volta alla Camera dei Rappresentanti per l’Arizona nel 1982, John ha guidato la battaglia per riformare Washington eliminando gli sprechi nelle spese governative e rafforzando le forze armate del paese.
Molti aggettivi, nessun cenno alla vita personale, vita pubblica di lungo corso = distanza, conclusioni e giudizi piuttosto che fatti.

I temi della campagna
Obama: rigorosamente in ordine alfabetico, una parola per tema.
I primi tre: diritti civili, difesa, disabilità.

McCain: in ordine sparso, forse prioritario, più parole per ogni tema.
I primi tre: Energia, Piano economico, Iraq.

Raccolta fondi
Obama: Donate. Titolo della pagina: grazie = aderite alla causa.

McCain: Contribuite. Titolo della pagina: date un contributo = sostenetemi.

I blog
Obama: solo testi, messaggio di ringraziamento. Frasi corte e “grazie” all’inizio di ogni periodo = la mia vittoria è la vittoria di tutti.

McCain: video con un suo messaggio più titoli stile news sull’agenda della campagna = maggiori passaggi per arrivare al messaggio, tono di “notifica”.


La ciliegina sulla torta: Obama ringrazia via sms i suoi sostenitori
"Abbiamo appena fatto la storia. Questo e' potuto accadere perche' voi avete profuso il vostro tempo, il vostro talento e la vostra passione in questa campagna. Tutto questo e' accaduto per voi. Grazie, Barack".

Congratulations, Mr President!

sabato 1 novembre 2008

Il significato della parola "democrazia"

Mancano una manciata di ore alle elezioni in America. Sui media non si parla d'altro. E allora viene voglia di cogliere l'occasione per riflettere.
Loro si definiscono un modello di democrazia.
Secondo i dizionari "democrazia" significa forma di governo in cui il potere è retto dal popolo o anche
forma di governo nel quale la sovranità spetta al popolo che la esercita mediante i suoi rappresentanti liberamente eletti.

Mi è venuta voglia di capire come funziona questa "democrazia modello". E ho trovato uno speciale di Michael Scherer sul Times che ho tradotto e sintetizzato. Anche così, basta e avanza!!!!

Possiamo andare sulla luna, mettere bombe atomiche sui sottomarini, spremere profitti dal 99% degli hamburger e guardare la partita sul telefonino. Ma la democrazia più di successo nella storia umana è ancora incapace di capire come condurre un’elezione corretta.
Allo stato attuale il sistema di voto americano è di un disordine preoccupante, un labirinto di leggi locali, statali e federali che ha sconcertato i volontari, assillato i pubblici ufficiali, creato distorsioni partigiane, prodotto moduli illegibili, macchinari malfunzionanti e confusione nei seggi elettorali.
Repubblicani e Democratici prevedono un’affluenza record, forse 130 milioni di persone, inclusi quelli che non hanno mai votato prima.
La grande maggioranza assegna il suo voto senza problemi. Ma alcuni votanti si troveranno alla mercé delle liste di registrazione non aggiornate o maneggiate impropriamente. Altri dovranno sopportate lunghe file, troppo lenta la macchina elettorale e troppi gli osservatori che mettono in dubbio la loro identità.

Il patchwork delle regole elettorali è contro ogni logica. Un criminale condannato può votare nel Maine, ma non in Virginia. In tutte le sezioni dell’Indiana è richiesto un documento di identità governativo con fotografia e a New York no. Le liste dei votanti sono più corte nelle aree suburbane, e le regole che governano i conteggi delle votazioni a volte variano da stato a stato. Gli americani assegneranno il loro voto il 4 novembre ma ci sono molti problemi che minacciano di portare queste elezioni un’altra volta in tribunale.

1. Il Dilemma del Database
"Joe l’idraulico" non è registrato per votare. O almeno non è registrato sotto il suo nome. L’uomo, Samuel Joseph Wurzelbacher, appendice nei discorsi di John McCain, è iscritto nella Contea di Lucas in Ohio "Worzelbacher," Un problema di calligrafia. “Non riesci a leggere la sua firma per stabilire se questa è una o o una u” spiega Linda Howe, la direttrice delle elezioni locali.

Simili errori compromettono le liste elettorali, ma non sono stati considerati importanti prima dell’avvento delle liste computerizzate. Dopo la debacle elettorale del 2000, il Congresso ha chiesto ad ogni stato di creare un database per singolo votante, che dovrebbe contenere dati verificati da altre fonti, come ad esempio la patente, per indagare sulle false registrazioni, persone decedute ed elettori “inattivi”. Al Congresso è sembrata una grande idea introdurre la tecnologia per risolvere i problemi, ma nelle mani di qualche funzionario di stato incapace o di parte il database è diventato un incubo che gli esperti temono possa privare del diritto di voto migliaia di persone.

Nel Wisconsin, ad agosto è stato fatto un controllo del database di registrazione dei nuovi votanti ed è risultato il 22% di errori.

In Florida, circa 9.000 nuovi elettori sono stati registrati con lo status di stato di “Nessuna verifica, nessun voto”. (I loro voti non verranno contanti se non dimostrano la loro identità a un dipendente pubblico).

In Ohio, i Repubblicani sono andati ripetutamente in tribunale per fare una lista pubblica di più di 200.000 iscrizioni non verificate. Presumibilmente a questi elettori può essere impedito di votare, anche se molti di loro, come Joe, ne hanno diritto.

Un ufficiale di contea in Georgia quest’anno ha rimosso 700 persone dalle liste degli elettori, anche se molti di loro non hanno mai ricevuto neanche una multa.

In Mississippi lo scorso Marzo un ufficiale elettorale ha eliminato erroneamente 10.000 elettori dalle liste – incluso un candidato Repubblicano al Congresso – usando il suo computer personale. (I nomi sono stati reinseriti prima delle primarie).

Milioni di persone sono state cancellate dalle liste elettorali in Stati chiave ma la legittimità di queste azioni non è chiara.

Il volume reale degli elettori per ogni Stato non coincide con il database della Social Security Administration federale. Sei Stati che hanno usato il database federale sono stati recentemente messi in guardia dal commissario della Social Security Michael Astrue sul rischio di bloccare in modo improprio gli elettori legittimi. “E’ essenziale che alla gente autorizzata a votare sia consentito di farlo” ha detto ad ottobre.


2. Le registrazioni" Topolino” e la messa in dubbio dei seggi elettorali.
McCain accusa il gruppo Acorn di “voler perpetrare una delle più grandi frodi nella storia del voto”. Membri del Congresso hanno chiesto indagini. L’FBI sta facendo domande.
Il problema della frode nelle registrazioni è vecchio, ma entrambi i partiti e qualunque altro gruppo ha pagato la gente per registrare nuovi elettori.

Nel caso di Acorn, una comunità che rappresenta i ceti bassi e le minoranze, questo ha portato ad una registrazione massiva, quest’anno, di circa 1.300.000 persone, prevalentemente negli Stati indecisi. Il problema è che una parte di questi nuovi elettori non esiste, perché ai 13.000 lavoratori parti-time del servizio di registrazione Acorn è stato dato un cospicuo incentivo per fabbricare le registrazioni. In tutto il paese gli ufficiali dello stato civile hanno segnalato migliaia di moduli Acorn sospetti.

In Florida si è cercato di registrare “Topolino” con un francobollo con il logo di Acorn applicato sul modulo. La formazione dei Dallas Cowboys ha firmato per votare in Nevada.

Non è facile trasformare le registrazioni disoneste in elettori. Secondo la legge federale i nuovi registrati devono fornire agli ufficiali elettorali la prova della loro identità prima di accedere alla loro prima elezione. A meno che “Topolino” non abbia un documento di identità valido, le probabilità che voti sono pochissime.

I Democratici si lamentano che
l’effetto Acorn e la questione dei falsi elettori possa produrre sospetti sulla validità delle elezioni.
I Repubblicani chiedono che in molti Stati chiave indecisi siano monitorati i seggi.
Se questo accadesse su larga scala, le operazioni di voto potrebbero diventare più una sfida che l’esercizio di un diritto, e questo potrebbe spaventare gli elettori o convincerli che non vale la pena andare a votare.


3. Moduli fatti male
Pochi credevano che una cattiva impaginazione delle schede possa determinare il destino del mondo. Finché un ufficiale elettorale locale in Florida ha creato un modulo che ha confuso gli elettori anziani, indirizzandone migliaia a contrassegnare il nome di Al Gore e di un altro candidato sulla stessa scheda. Questo ha reso nulli abbastanza voti da mandare George Bush alla Casa Bianca.
Otto anni più tardi le elezioni con le schede perforate sono per lo più una cosa del passato, ma le schede poco chiare vivono ancora.


4. Il fiasco delle macchine elettorali
Dopo le questioni avvenute in Florida, il Congresso ha stanziato quasi quattro miliardi di dollari per comprare macchinari tecnologicamente avanzati per gestire le elezioni. In generale i nuovi macchinari erano un miglioramento rispetto alle vecchie schede perforate ma molte parti del paese ora si trovano a rimpiangere i vecchi problemi con il cartaceo.

Circa un terzo degli elettori sbaglia nell’usare le macchine elettroniche, sistemi touchscreen che non lasciano traccia cartacea del voto. Se le macchine sono tarate male può capitare che facciano apparire la sola selezione di un candidato come un voto valido. Ma la preoccupazione più grande, segnalata dagli esperti di informatica, è che le macchine non hanno un sistema indipendente di backup su carta. Un danno alla memoria o un danneggiamento dei dati non lascia traccia per un eventuale riconteggio.

Nelle elezioni al Congresso del 2006 il distretto 13 della Florida ha prodotto uno scenario da incubo.
Il Repubblicano Vern Buchanan vinse la gara con un margine di 369 voti. Ma in una singola contea, di tendenza Democratica, più di 18.000 elettori hanno misteriosamente mancato di registrare il loro voto. Non c’è modo di sapere, se c’è, che cosa non ha funzionato.
Da quell’elezione molti Stati, inclusa la Florida, hanno chiesto registrazioni cartacee di tutti gli strumenti di voto elettronici.
Intanto 11 milioni di persone vivono in paesi che useranno le schede perforate, anche se le indicazioni del Congresso di sostituire queste attrezzature sono state date nel 2006.


5. Distribuzione di risorse impari
Quest’estate un impiegato locale democratico ha notato un sorprendente incremento di nuovi elettori dall’area intorno la Ball State University e ha suggerito di istituire un seggio all’interno del campus. Ma la presidentessa Repubblicana della contea, Kaye Whitehead, si è opposta definendo il piano una “manovra politica” per incoraggiare gli studenti a votare in cambio di hot dogs in omaggio.

Nel 2004 nella Contea di Franklin in Ohio alcuni democratici lamentarono che i Repubblicani stavano usando risorse per influire sul risultato del voto. Mentre le circoscrizioni suburbane avevano abbastanza macchinari e gli elettori non dovevano aspettare per votare, in molte circoscrizioni Democratiche a Columbus di dovevano fare file di 4 o 5 ore, spesso sotto la pioggia.
Le stime hanno suggerito che tra 5.000 e 15.000 elettori, preoccupati dall’attesa, non avevano votato.
Ma la questione su quali circoscrizioni ottengono i macchinari elettronici è un labirinto: nel Wisconsin è richiesta una macchina per ogni 200 elettori registrati nella circoscrizione. In Virginia, invece, la legge richiede una macchina ogni 500 o 750 elettori, dipende dalla grandezza della circoscrizione. In Colorado, dove ci sono state attese di 6 ore per le elezioni del 2006, la legge parla semplicemente di “un numero sufficiente” di cabine elettorali.

6. Nuovi obblighi di prova
Le suore della Sacra Croce di Notre Dame, Indiana, non hanno mai avuto la patente perché non gli è mai servita. Il 6 maggio, quando sono andate a votare per le primarie, sono state mandate via a causa dell’obbligo di esibire un documento per controllare l’identità. Nei mesi successivi le suore più anziane hanno ricevuto un’identificazione governativa.
La legge federale ora richiede che tutti coloro che votano per la prima volta e che si registrano per mail forniscano un documento di identità quando si registrano o quando vanno a votare.
Ma gli stati hanno applicato questa regola in modi diversi.
In Pennsylvania per identificarsi si può usare una licenza di porto d’armi o il conto di un’utenza.
In Georgia e Florida tutti gli elettori devono mostrare un documento di identificazione statale o governativo con la foto.
In Indiana, i residenti che frequentano le scuole statali possono usare i loro documenti di studenti, ma gli studenti delle scuole private no.


7. Regole confuse, cattiva informazione
Man mano che si avvicina il giorno delle elezioni cominciano gli scherzi sporchi.
Vengono lasciati sulle macchine volantini che invitano i Democratici ad andare a votare mercoledì e non martedì. Telefonate anonime avvertono le persone che potrebbero essere arrestate ai seggi o che i loro seggi elettorali sono stati spostati.
L’impatto di queste mosse di solito è piccolo, e in sempre più stati questi scherzi sono puniti dalla legge.

Un tipo più insidioso di disinformazione è cominciato mesi fa. Lo scorso marzo, il presidente del Colorado College a Colorado Springs ha ricevuto una lettera da un impiegato della contea di El Paso, Robert Balink, che lo avvertiva che gli studenti fuori sede non potevano essere registrati per votare se i loro genitori si erano dichiarati dipendenti in un altro stato. Questo era falso. L’ufficiale di stato civile delle elezioni per l’area intorno al Virginia Tech ha mandato altri messaggi ambigui agli studenti, suggerendo in modo indiretto che la posizione fiscale dei loro genitori avrebbe potuto essere compromessa sulla base di vaghe linee guida per le elezioni.

Una e-mail anonima che circola largamente avverte gli elettori che saranno mandati via dai seggi se indossano un distintivo di Barak Obama o una t-shit di John McCain. Questo è vero solo in una minoranza di stati. In Virginia, per esempio, indossare la maglietta del candidato o un distintivo potrebbe comportare l’espulsione dal seggio.

No comment!!!!!


giovedì 3 luglio 2008

Quando i politici non fanno notizia

Sul sito della Ferpi è apparso un articolo di Piero Ichino sull'eterno conflitto tra politici e giornalisti.
La questione è vecchia, e pare destinata a non trovare soluzione.
I politici lamentano l'eccessiva semplificazione che i giornalisti fanno, spesso in modo approssimativo, di quanto dicono. E qualche volta le semplificazioni sono effettivamente grossolane, tanto da diventare inesattezze, più o meno volontarie.
I giornalisti, d'altra parte, devono necessariamente sintetizzare discorsi complessi e articolati, che contengono passaggi e sfumature magari rilevanti in ambito politico ma di nessuna importanza per i lettori.
Ferma restando l'abissale differenza tra semplificazione e inesattezza, quest'ultima inaccettabile d'ufficio, fa riflettere il fatto che, almeno in teoria, giornalisti e politici dovrebbero rivolgersi allo stesso pubblico.
Come mai allora, se gli interlocutori sono gli stessi, non si riesce a mettersi d'accordo sul modo di parlare con loro?
E fa riflettere anche un'altra considerazione: i giornalisti che diventano politici sono quelli che più degli altri sembrano avere problemi a relazionarsi con gli ex colleghi.
Penso, ad esempio, a Piero Marrazzo, che dalla grande visibilità di "Mi manda Raitre" è diventato l'invisibile Presidente della Regione Lazio.
Se entrambe le categorie, politici e giornalisti, sono per definizione al servizio del pubblico, dello stesso pubblico, perché le differenze nel perseguire il loro comune obiettivo sono ancora così inconciliabili?
Dov'è il corto circuito che porta a questo paradosso?
Osservando i fatti mi viene da chiedermi se qualcuno si è preoccupato di cosa pensa il "pubblico", che dovrebbe essere quello nell'interesse del quale entrambe queste categorie hanno ragione di esistere.
Essendo anch'io parte del "pubblico", avrei un paio di istanze da rappresentare:
1. I politici potrebbero evitare di parlarsi tra loro attraverso i mass media: se hanno qualcosa da dirsi che se la dicano e ci facciano sapere come è andata a finire; se vogliono andare sui giornali dicano qualcosa di "pubblica utilità".
2. I giornalisti potrebbero evitare di considerare opinioni e posizioni come notizie di "pubblica utilità". Non lo sono. Un terzo di telegiornale di pastone politico e raffiche di dichiarazioni su qualunque cosa è veramente troppo!

sabato 7 giugno 2008

Americani, presidenti e razze

Uno splendido articolo sull'eccellente sito Pointeronline, solleva una questione che sta investendo la qualità professionale dei giornalisti americani.
Da sempre in America si fatica a parlare apertamente di problemi etnici e razziali, tutt'altro che risolti, specialmente sui media.
Tanto è vero che esistono una serie di vocaboli, dal suono più o meno offensivo, per definire coloro che non sono WASP: “nero”, "di colore", “afro-americano”, “latino”, “ispanico” ecc.
Un po' come da noi con gli "extracomunitari", insomma.
Fatto sta che il Pointer solleva la questione di come i media hanno presentato agli americani e al mondo intero la candidatura di Barak Obama alla presidenza degli Stati Uniti.
In particolare si chiede: Barak Obama sta realmente “cercando di diventare il primo presidente nero” come molti giornalisti hanno scritto? Questa frase, o le sue varianti, sono state un gancio per molti articoli e suggerisce che Obama sta perseguendo un obiettivo razziale e non politico.

Titoli come:
“La questione della razza è affiorata ancora per l’uomo che cerca di diventare il primo presidente nero” (ABC);
“Obama, che combatte per diventare il primo presidente nero degli Stati Uniti oltre che uno dei più giovani” (Associated Press);
“Obama tenta di diventare il primo presidente nero” (Shanghai Daily)
rimbalzano dagli Stati Uniti in ogni angolo del mondo.

Questi titoli sono fuorvianti ed inesatti poiché mistificano la realtà dei fatti, e cioè che Obama:
1 vuole essere presidente,
2 se verrà eletto, sarà il primo presidente nero.
La semplificazione giornalistica in questa circostanza consiste nel mettere insieme due fatti diversi, facendoli diventare uno e dire arbitrariamente “Vuole essere il primo presidente nero”.
Poiché il candidato non ha messo la questione razziale al primo posto nei suoi obiettivi, o si hanno le prove che questa sia la sua motivazione oppure questa è una supposizione mascherata da fatto.
Per amore di accuratezza, il Pointer suggerisce di separare il fatto dalla motivazione. Un esempio di "buon titolo" è quello scritto nel sito della televisione spagnola eitb24 “Obama ora è il primo uomo di colore a correre per la nomination del maggior partito alle elezioni presidenziali in USA. Se vincesse diventerebbe il primo presidente di colore della storia degli Stati Uniti”.

Ricordando che la missione dei giornalisti è informare e non giudicare, il Pointer suggerisce di rispondere a tre domande per il pubblico:
Cosa ha detto? Non riportate i discorsi in forma di parafrasi o brani parziali ma per intero.
Perché è importante? Fornite indicazioni sul contesto, definizioni, qualsiasi cosa di cui il vostro pubblico abbia bisogno per comprendere cosa succede. Non supponete che tutti conoscano la stessa storia. Non è così.
Cosa significa? Quando Geraldine Ferraro ha detto “Se Obama fosse stato un bianco, non si troverebbe in questa posizione” nessuno si è preoccupato di spiegare cosa voleva dire.

L'articolo si chiude con un richiamo alla responsabilità professionale dei giornalisti in vista della seconda, presumibilmente accesissima, fase della campagna elettorale.
Meno male: tutto il mondo è paese!

martedì 15 aprile 2008

Perché il PDL ha vinto

Anche se è obsoleto parlare di "par condicio", ho fatto lo stesso lavoro di estrapolazione con il programma del PDL.
Sempre per "par condicio" premetto che tutto il testo del programma è di 3.594 parole e che corsivi e grassetti c'erano già.

7 missioni per il futuro dell’Italia

Rilanciare lo sviluppo
Sostenere la famiglia
Più sicurezza, più giustizia
I servizi ai cittadini
Il Sud
Il federalismo
Un piano straordinario di finanza pubblica

Rilanciare lo sviluppo
1. Un nuovo fisco per le imprese
2. Infrastrutture, nuove fonti di energia e telecomunicazioni
3. Lavoro
4. Liberalizzazioni
5. Sostegno al “Made in Italy”
6. Riorganizzazione e digitalizzazione della Pubblica Amministrazione

Sostenere la famiglia, dare ai giovani un futuro
1. Meno tasse
2. Una casa per tutti
3. Migliori servizi sociali
4. Dare ai giovani un futuro

Più sicurezza, più giustizia
1. Più sicurezza
2. Più giustizia

I Servizi ai cittadini
1. Sanità
2. Scuola, università, ricerca e cultura
3. Ambiente

Il Sud
Noi vogliamo un’Italia che finalmente superi, attraverso un impegno straordinario, il drammatico divario tra Nord e Sud, realizzando una politica che valorizzi la responsabilità dei territori e metta a frutto tutte le energie presenti nel Paese.

Il Federalismo
La riforma del Titolo V della Costituzione ha posto le premesse per avviare un ampio processo di trasferimento di poteri dal centro alla periferia.
Per il riconoscimento di una effettiva autonomia delle Regioni
e degli enti locali occorre realizzare il federalismo fiscale,
che comporta il trasferimento di risorse finanziarie dal centro
alla periferia, a parità di spesa pubblica e di pressione fiscale
complessiva.

Un piano straordinario di finanza pubblica
Non aumenteremo dunque la pressione fiscale.
Anzi ci sforzeremo di ridurla.
Fermo l’obiettivo di contrasto e di recupero dell’evasione fiscale.
Il nostro impegno sarà all’opposto sul lato della spesa pubblica,
che ridurremo nella sua parte eccessiva, non di garanzia
sociale, e perciò comprimibile.
A partire dal costo della politica e dell’apparato burocratico
(ad esempio delle Province inutili).

Ancora qualche dubbio?

Perché il PD ha perso 2

Per dare un "taglio semantico" alla titanica impresa di leggere TUTTO il programma del PD ho reputato sufficiente estrapolare dal testo i titoli di capitoli e sezioni. Un'avvertenza: corsivi e grassetti sono opera mia!

L'ITALIA NEL MONDO CHE CAMBIA

1 - PER LO SVILUPPO DI QUALITA'

2 - I QUATTRO PROBLEMI DEL PAESE
2a - L'Efficienza economica e la qualità dello sviluppo
2b - La disuguaglianza
2c - Le libertà
2d - La qualità della democrazia

3 - IL PROGETTO: DIECI PILASTRI E UN METODO

4 - DODICI AZIONI DI GOVERNO

1. FINANZA PUBBLICA
a) Spendere meglio e meno
b) Valorizzare l'attivo patrimoniale

2. PER UN FISCO AMICO DELLO SVILUPPO
a) Detrazione IRPEF più alta
b) Riduzione delle aliquote IRPEF
c) Credito d'imposta per le lavoratrici
d) Meno tasse sul salario di produttività
e) Semplificazione fiscale per 2 milioni di imprenditori
f) Dote fiscale dei figli
g) Detraibilità di una quota fissa dell'affitto
h) Per imprese più forti e capitalizzate
i) Federalismo fiscale e infrastrutturale

3. CITTADINI E IMPRESE PIÙ SICURE
a) Più agenti in divisa per strada, più tecnologia in città
b) Più certezza ed effettività della pena

4. DIRITTO ALLA GIUSTIZIA GIUSTA, IN TEMPI RAGIONEVOLI
a) Ridurre i tempi e aumentare l’efficienza della giustizia
b) Intercettazioni sì, violazione dei diritti individuali no
c) Per l'autodeterminazione del paziente
d) Diritti della persona che convive stabilmente

5. L'AMBIENTALISMO DEL FARE
a) Energia pulita, più abbondante, meno cara
b) Nuove tecnologie urbane: 3 città in cui sperimentare
c) Il "diritto" alla larga banda
d) Slegare il trasporto urbano e treni decenti per i pendolari
e) Infrastrutture: proporre, valutare, decidere...
f) Stadi: costruirne nuovi e privatizzare i vecchi

6. STATO SOCIALE: PIÙ EGUAGLIANZA E PIÙ SOSTEGNO ALLA FAMIGLIA, PER CRESCERE MEGLIO
a) Infortuni sul lavoro: premiare chi investe in sicurezza
b) Sono le donne l'asso dello sviluppo
c) Asili nido per tutti e bambini più felici, dai primi giorni di vita
d) Sostenere le retribuzioni basse: garantire un compenso minimo
e) Rendere sostenibile la flessibilità e combattere la precarietà
f) Favorire l’accesso dei giovani al lavoro stabile
g) Contratti "atipici"? Devono costare di più
h) Dare credito alla creatività
i) Per un vero mercato delle case in affitto
j) Per l'invecchiamento attivo
k) Il buono-servizio per i non autosufficienti e i diversamente abili
l) Governare l’immigrazione per non subirla
m) Sanità: più imprenditorialità, meno intrusioni della politica
n) Attuare la 194, in tutte le sue parti

7. CULTURA, SCUOLA, UNIVERSITÀ E RICERCA: PIÙ AUTONOMIA, PER L'EQUITÀ E L'ECCELLENZA
a) Scuola: quattro obiettivi precisi
b) Autonomia fa migliore educazione
c) Più ore di matematica
d) Scuole belle ed aperte, anche ai nonni
e) Scuola primaria e sport
f) Modernizzare le Università e creare una nuova leva di ricercatori
g) Cultura: il più importante investimento

8. IMPRESE PIÙ FORTI, PER COMPETERE MEGLIO
a) Nuove regole, per andare oltre il capitalismo "relazionale"
b) Basta col fondo perduto: tutto per la ricerca e l'innovazione
c) Contro la burocrazia: semplificare la vita a cittadini e imprese
d) Promuovere la buona agricoltura
e) Turismo: lo stato promuova l'Italia nel mondo
f) Più democrazia economica

9. CONCORRENZA PRODUCE CRESCITA
a) Una legge all'anno e autorità più forti
b) Servizi pubblici di qualità, a prezzi più bassi
c) Professionisti in Società
d) Valorizzare le Associazioni dei consumatori

10. SUD E MEDITERRANEO: puntare tutto sulle infrastrutture materiali
e immateriali e sul miglioramento della qualità dei servizi pubblici


11. LA DEMOCRAZIA GOVERNANTE
a) Valorizzare la sovranità popolare
b) Un quadro di contrappesi e pluralismo di poteri
c) Diritti e doveri più chiari, se le leggi sono poche e chiare
d) Contro le nomine clientelari
e) La risorsa degli italiani all'estero

12. OLTRE IL DUOPOLIO, LA TV DELL'ERA DIGITALE

Perché il PD ha perso 1

I risultati delle elezioni sono ormai noti. E non c'è da stupirsi più di tanto.
Dalle prime due pagine del programma, cioè dal preambolo, ho estratto queste "chicche". Ve le sottopongo in tutto il loro splendore!

"Il PD lavora per rilanciare il processo di integrazione politica dell’Europa e crede nell’Europa massima possibile, non in quella minima indispensabile, nell’Europa come risposta a chi crede che la globalizzazione sia ingovernabile."

"Per il PD, il Mediterraneo deve essere la porta sud dell’intera Unione Europea e non di una sua parte. Il Mediterraneo ha oggi le caratteristiche per diventare l’hub politico ed economico mondiale di questo secolo che collega Europa e Nord Africa, Caspio e area del Golfo, a sua volta porta per l’Asia, un hub per le merci e per l’energia ma anche per le migrazioni e il dialogo religioso. E’ il bacino in cui il nostro Paese ha un naturale interesse strategico e la sua stabilizzazione e valorizzazione deve essere la dote peculiare che porteremo all’intero continente e al mondo. L’Italia è forte e sicura quando esiste un circuito “euro-mediterraneo” di cui siamo parte e perno."

"L’Italia intende far proprio, nel quadro di una governance europea e mondiale, il tema centrale del “riscaldamento globale”, problema inedito e motore nuovo di un cambiamento tecnologico, economico e sociale, che inciderà sulla definizione dei futuri assetti del pianeta.
Il PD si prefigge l’obiettivo di far convergere su queste scelte le principali forze politiche del Paese, per approdare finalmente ad una idea condivisa di interesse nazionale italiano nelle scelte internazionali."

giovedì 10 aprile 2008

Il "nulla" elettorale

Ormai siamo agli sgoccioli. Tra qualche giorno si vota.
Ho seguito questa campagna elettorale solo di sfuggita. Mi pareva, e mi pare, mortalmente noiosa, e anche piuttosto sguaiata.
Il TG1 Economia di oggi ha detto che l'Italia è stata pesantemente declassata dall'Ocse su un sacco di cose. Insospettabili paesi, tra cui molti che definiamo arrogantemente del "terzo mondo", ci hanno surclassato.
E non mi meraviglierei se ci ridessero anche un po' dietro.
Chiedendomi cosa succederà ho cercato di capire cosa propongono coloro che si candidano a salvarci da questa rovina.
Partiamo dagli "slogan".
Veltroni dice "Non pensate a quale partito. Pensate a quale paese". Appunto: quale paese?
Berlusconi, di rimando, "La sinistra ha messo l'Italia in ginocchio. Rialzati Italia!". Dalla serie "i comunisti continuano a mangiare i bambini e tra poco si vengono a mangiare pure te!".
Di proposte nemmeno l'ombra.
Casini rincara con il suo "Forti della nostra identità": autoreferenzialità allo stato puro.
Surreale il proclama di Bossi "Più lontani da Roma, più vicini a te.". Non male per uno che si accinge, forse, a far parte del futuro governo, che, a quanto mi risulta, proprio a Roma si trova.
Il dato evidente, e che accomuna tutti, è l'impellente necessità di accreditamento, che spinge ciascun partito a comunicare se stesso piuttosto che le sue azioni.
Se penso che uno degli antichi assiomi dice che la comunicazione è comportamento, viene da domandarsi se i programmi contino ancora qualcosa.
E mentre discutiamo di tutto ciò, il Portorico, il Messico e altri paesi ci battono praticamente su tutto!

Yes, we can... cosa?

Nel mio pellegrinaggio alla ricerca di un barlume di proposta politica in questa campagna elettorale sono andata sui siti dei due principali partiti a cercare, almeno lì, tracce dei famigerati, quanto sconosciuti, programmi.
Partendo da un link su una pagina del Corriere della Sera ho cliccato sulle foto dei candidati, che mi hanno rimandato ai loro siti.
Quindi sono partita dal sito del Partito Democratico. Dopo un po' di scorribande qua e là sono finalmente riuscita a trovare il programma...e sono quasi svenuta!
Non volendo credere ai miei occhi, ho fatto il classico "copia e incolla" su un foglio word.
Prima mazzata: neanche un grassetto, un corsivo, niente di niente. A mala pena una riga bianca ogni tanto, giusto per non soffocare!
Seconda mazzata il conteggio parole: 15.090.
Allora ho definito un formato "standard": carattere verdana, corpo 11, allineamento a bandiera. Risultato: 35 PAGINE!!!!
La tentazione è stata quella di arrendermi subito. Poi ci ho ripensato: ottima palestra per un buon lavoro di scrittura.
Ciò che ho intenzione di fare, quindi, è: leggere il programma (!!!), applicare un po' di tecniche di scrittura efficace e vedere cosa salta fuori.
Credo mi ci vorrà qualche giorno, ma sono troppo curiosa di vedere come sarà "dopo la cura"!