Pagine

venerdì 27 giugno 2008

Lo strano mondo della grammatica

Questo brano è stato scritto da Achille Campanile ed è stato pubblicato nel suo "Manuale di conversazione" nel 1973. Una vita fà.

Trovo che sia geniale ed esilarante, oggi come allora.
Per questo ve ne faccio omaggio, sperando di farvi sorridere almeno un po'.

Le grammatiche su cui si studiano le lingue saranno utilissime per impararle, ma non altrettanto per la logica e il buon senso. Il che, tuttavia, non rappresenta un danno in ogni senso. Anzi potrebbe contribuire a dare ai rapporti fra le persone un carattere quanto mai spensierato e fantasioso che conferirebbe alla vita un aspetto dei più piacevoli.

Dalla grammatica inglese:
"Portaste il binocolo?"
"No, ma portai il vostro ventaglio."
Col che si imparano parecchi vocaboli, non c'è dubbio. Ma non è chi non veda un ventaglio esser tutt'altra cosa che un binocolo. Non c'è niente in comune fra i due oggetti. Come è possibile parlare di ventaglio a chi vi chiede notizie del binocolo?
Vediamo: dove e quando e perché si può domandare a qualcuno se ha portato il binocolo? In teatro, o in occasione di una gita in luoghi panoramici, o per esigenze belliche.
Ora, ammetto che in un teatro possa essere utile anche un ventaglio, benché abbia tutt'altra funzione e non sarà certo esso che mi permetterà di apprezzare le bellezze d'un corpo da ballo. Ma su una montagna! Che me ne faccio d'un ventaglio se ho bisogno d'un binocolo?
Non parliamo poi d'una casamatta o della tolda d'una nave da guerra. Immaginate un generale nel suo osservatorio o un ammiraglio sul ponte di comando, che durante l'infuriare della battaglia, dovendo seguire le mosse del nemico, domandi all'aiutante di campo "Portaste il binocolo?" e si senta rispondere "No, ma portai il ventaglio". Anche ammesso che faccia molto caldo, in quel momento il comandante ha bisogno di guardare.
Forse gli autori degli esercizi di traduzione immaginano un mondo di stolidi. Ecco un altro dialogo della grammatica inglese.
"Mamma, comperasti la tovaglia?"
"No, ma comperai il rasoio per tuo fratello".
Una famiglia di pazzi, evidentemente. Pazza la madre, che forse immagina si possa apparecchiare la tavola col rasoio; e pazza la figlia, che dal manuale non risulta essersi minimamente turbata alle parole inconsulte della vecchia insensata.
Ancora:
"Vedeste il mio allacciabottoni?"
"No, ma vidi il vostro colletto e polsini"
Magari qui si può ravvisare un barlume di coerenza, in quanto siamo sempre in materia inerente al vestirsi. Ma c'è un abisso tra la domanda e la risposta.
Uno dei torti degli esercizi di conversazione è per l'appunto di non dare quasi mai la terza battuta. S'imparerebbero molte altre parole, magari non delle più ortodosse. Come rispondereste a uno che vi parla di colletto e polsini, quando voi gli domandate notizie dell'allacciabottoni? È evidente:
"O sei un imbecille, o vuoi prendermi in giro. Come ti viene in mente di rispondermi così?"
E giù una sequela di parolacce, che pure hanno la loro utilità nello studio di una lingua.
In conclusione m'è più volte capitato, nell'esprimermi in una lingua straniera imparata di fresco su una grammatica, di essere quanto mai incoerente. Una volta, a un passante che mi domandava: "Sapreste dirmi dov'è la tale strada?" Mi avvenne di rispondere sulla base di un dialoghetto studiato nella grammatica.
"No, ma so dirvi l'età del cugino di vostro padre."
Il passante rispose con una frase che non capii, perché purtroppo, come dicevo, negli esercizi di conversazione manca sempre la terza replica.
Per tacere degli scorci di vita che si possono cogliere, attraverso quegli esercizi, specie se si diffondono in particolari.
"Eravate con vostro padre?"
"No, ero con l'amico di mio padre, ma le mie sorelle erano con vostra madre; siamo stati a vedere la cattedrale."
Bella brigata di cretini, davvero. Tra l'altro c'è da scommettere che ognuno non capiva chi fossero gli altri, quanto a grado di parentela reciproca, durante questa famosa visita alla cattedrale. Perché è soprattutto sull'indicazione delle parentele che queste frasi risultano sibilline.
Doveva essere una mattina grigia in una città gotica del Nord Europa, una pioggerella leggerissima punzecchiava appena i volti dei passanti. I nostri amici, usciti dall'albergo e avendo lasciato qua e là un certo numero d'imprecisati parenti, andavano in fretta verso la cattedrale con le guide in mano. Nella chiesa semibuia tra le navate, si sbirciavano sospettosi:
"Chi è quello?"
"È l'amico di vostro padre, e io sono la madre di un tale che non c'è, perché io sto con le vostre sorelle."
"E che rapporto di parentela c'è fra voi e l'amico di mio padre?"
"Egli è l'amico del padre delle ragazze che stanno con me e che sono vostre sorelle, mentre voi siete l'amico di mio figlio".
È un groviglio.
"Ed io chi sono?"
"Voi siete il figlio dell'amico di quel signore e il fratello delle signorine che stanno con la madre di un altro vostro amico, che non è qui, e questa sarei io."
Basta, basta, c'è da diventare pazzi.
E notate che queste frasi sono tutte rigorosamente dedotte da quella dell'esercizio, quanto a rapporti di parentela, amicizia e semplice compagnia, tra i partecipanti alla visita della cattedrale.
Durante la quale - è ovvio aggiungerlo - il cicerone avrà zittito:
"Signori, occupatevi della cattedrale, invece che di questi pasticci di famiglia; guardate i vetri istoriati."
Dopo la visita, tornati all'aperto:
"Ed ora andiamo a far colazione?"
"No, ma posdomani arriva il cognato di vostro figlio."
E via in fretta, senza volti, senza cervello, mentre una pioggerella leggerissima fa viscido il selciato fra le basse arcate e i negozi di frutta della grigia città gotica. E si sente nell'aria un odorino di cavoli cotti e di birra, mentre il carillon dei pupazzi metallici suona mezzogiorno nella torre del palazzo di città.
Europa, Europa mia! Quando verremo a liberarti?

Nessun commento: