Ho sempre pensato che lo sport fosse in qualche misura una metafora della vita.
Quest'anno, come sempre, mi sono appassionata a seguire le Olimpiadi, quando ho potuto. E come ogni volta non ho potuto fare a meno di riflettere su ciò che ho visto, trasferirlo nella realtà che vivo. In particolare ho riflettuto sul concetto di competizione, di individuo e di squadra.
Come al solito sono partita dal dizionario:
competere significa gareggiare, misurarsi, stare a confronto, concorrere, ma anche litigare, discutere;
individuo significa singolo organismo vivente considerato distintamente da ogni altro della stessa specie, la persona considerata nella sua singolarità:
squadra significa gruppo organizzato di persone che svolgono una stessa attività o mansione,
gruppo di atleti che partecipano come insieme unitario a una competizione collettiva.
E ho notato una differenza: negli sport individuali ogni atleta deve fare tutto da solo, essere nel pieno della forma, non sbagliare mai, fare ogni mossa alla perfezione. Sapendo che prima poi verrà fuori qualcuno migliore. E' un dato di fatto. Per quanto un atleta possa essere in forma, dare il massimo e vincere oggi, domani ci sarà qualcun altro più giovane, più in forma, più motivato. E vincerà lui. La logica quindi è prestazioni estreme, risultato effimero, stress alle stelle.
Le squadre, invece, hanno una logica completamente diversa. Anche se un giocatore è bravissimo, c’è sempre qualcosa in cui non è molto abile. E tramite il gioco collettivo si riesce a far emergere il meglio di ognuno, sopperendo ai suoi difetti con le doti di un altro. In altre parole a ciascun giocatore non viene chiesto di fare tutto, ma di fare bene quello che sa fare. Combinando queste abilità, che tanto più sono diverse tanto più hanno valore, si arriva insieme al risultato. In questo caso la logica è: far bene il proprio lavoro, collaborare con gli altri, contare sul gruppo come moltiplicatore di potenzialità.
Trasponendo questi concetti alla nostra vita e al modo in cui le imprese affrontano i mercati, è evidente che si praticano esclusivamente sport individuali. Con il risultato di vedere persone che compiono sforzi inauditi, si stressano da morire e, se gli va bene, conseguono risultati che già il giorno dopo possono essere superati da qualcun altro.
Tutto questo gran parlare di comunicazione, di relazioni, di condivisione e di scambio lascia intravedere una prospettiva di cambiamento di mentalità: forse significa che ci stiamo accorgendo che la collaborazione di una squadra è meglio della solitudine di un individuo, che collaborare è più divertente e meno stressante che competere, che in fondo andiamo bene così come siamo e che, insieme ad altri, bravi a far cose per noi difficili, possiamo arrivare molto più lontano.
martedì 2 settembre 2008
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