Primo dovere di chi scrive: farsi capire
Albert Einstein diceva "Non sarai mai sicuro di aver davvero compreso qualcosa finché non sarai in grado di spiegarlo a tua nonna".
Quando si scrive accade un misterioso fenomeno: nella nostra testa fioriscono espressioni involute, complicate, pesanti. Parole che non ci sogneremmo mai di usare nel parlare sembrano resuscitare nella lingua scritta, quasi a rivendicare una veste di autorevolezza che parole più semplici sembrano non avere.
Ad esempio: al fine di, a condizione che, nel momento in cui, in relazione a, nel caso in cui, dal momento che e via discorrendo.
Spero non vi sia mai capitato di dire ad un amico al telefono "Attendo un tuo cenno di riscontro più tardi al fine di stabilire dove recarci a mangiare una pizza". Come minimo quello vi chiederebbe se vi sentite bene o se per caso siete vittime di un incantesimo di trasfigurazione, come succede ad Harry Potter!
Eppure se si trattasse di convocare per mail una riunione per discutere di alcuni argomenti importanti ci pare logico scrivere che "è opportuno un incontro collettivo al fine di prendere visione di alcune urgenti criticità". Formula perfetta per uno schiantesimo! Il nostro destinatario se ne starà lì, lungo disteso, intontito da quell'ondata di pesantezza e farragnosità. Per almeno un'oretta sarà KO.
L'aziendalese è zeppo di espressioni pompose, vaghe, arcaiche. Un modo come un altro per darsi un tono, a discapito della comprensibilità.
Ad esempio: sviluppare, mirato/finalizzato a, progettazione, sinergia, scenario, ottimizzazione, risorse, erogare, essere preposto, inerente, conseguire, criticità.
Altra bizzarra abitudine che si attiva quando scriviamo è quella di complicare le parole semplici: i problemi diventano problematiche, i tipi si trasformano in tipologie, i temi assumono la minacciosa veste di tematiche.
Questi fenomeni nel mondo di Harry Potter si chiamano maledizioni senza perdono!
C'è poi un altro caso interessante: quando scriviamo spesso ma viene sostituito da bensì...e fin qui niente da dire, se non che ci si appesantisce inutilmente. Spesso, nella lingua parlata, capita di sentir dire "ma bensì". Proprio perché sono sinonimi, come abbiamo appena detto, sarebbe il caso di scegliere: O ma O bensì. Dire "ma bensì" equilvale a dire "ma ma", giustificabile solo al di sotto dei dodici mesi di età o in caso di balbuzie! Che si risolve facilmente con un incantesimo di illuminazione. A proposito: la formula è "lumos!".
martedì 24 giugno 2008
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento