Un buon titolo è quello che fa capire immediatamente l’argomento trattato e invoglia a proseguire nella lettura. Balza subito agli occhi, quindi deve anticipare il contenuto nel testo. Deve inoltre facilitare la ricerca delle notizie, essere chiaro, accattivante e contenere tutte le informazioni necessarie per illustrare l’argomento. Deve essere, insomma, denotativo e connotativo. Difficilissimo.
Anche a quelli che scrivono 2.000 battute in scioltezza accade di rimanere inchiodati al titolo per mezza giornata!
E quando non lo fanno, perché non hanno tempo, ne vengono fuori alcuni decisamente surreali.
Come ad esempio "Si è spento l'uomo che si è dato fuoco" (Il Giornale di Sicilia). Esatto, per carità. Corretto, non c'è dubbio. Di un cinismo raggelante, tanto da diventare comico.
O come "In cinquecento contro un albero. Tutti morti" (La Provincia Pavese). In questo caso cerchi di immaginare la scena ti viene da domandarti come hanno fatto cinquecento persone ad uccidersi tutte contro lo stesso albero. Si saranno messe in fila? E l'albero, che ne è dell'albero? E' rimasto in piedi?
E tutto per una maiuscola!
Per rendere l'idea di quanto può essere difficile ho ritrovato un libro "Giornalismo amore mio" di Mario Gismondi. Il capitolo sui titoli faceva morire dalle risate me e mio padre (giornalista radiocronista per una vita).
Ve lo trascrivo, sperando che rallegri la vostra giornata.
"Ricordo, per esempio, le vicissitudini di un titolo complicatissimo. La notizia riguardava il figlio del sindaco morsicato dal cane del padre. Lo feci correggere, sembrandomi vagamente ingiurioso, anche se esatto. La seconda stesura fu "Il cane del sindaco morsica il figlio".
Dissi di leggere meglio la notizia e di ricorrere a un titolo meno equivoco, visto che si poteva pensare che fosse il figlio del cane. Il controllo della notizia portò ad una sorpresa: il cane non era del sindaco, ma di suo padre. Ergo il terzo titolo fu "Il cane del padre del sindaco morsica il nipote".
Lo rimandai indietro. Anche questo titolo era infelice e lasciava molti dubbi sulle parentele tra cane e padrone e fra sindaco, padre e figlio.
Ci pensarono e venne fuori : "Il cane del nonno morsica il figlio del sindaco".
Cominciai ad arrabbiarmi, strillando perché mi mandassero finalmente un titolo chiaro e definitivo, e che la smettessero di scherzare. Arrivò "Il figlio del sindaco morsicato dal cane del nonno". Era corretto, nella sostanza, ma quel cane del nonno poteva prestarsi ad ulteriori equivoci.
Bestemmiando, feci un titolo generico, "esterno", come si dice in gergo : "Attenti al cane in casa del sindaco". Troppo divertente e sdrammatizzante per non pubblicarlo e far sorridere lo stesso sindaco. Nel sommario e nell'occhiello fu più facile raccontare chi era stato aggredito dal cane, a chi apparteneva ecc. ecc."
venerdì 20 giugno 2008
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2 commenti:
In effetti non c'è nulla di più complesso che racchiudere in un titolo il senso di uno scritto, breve o lungo che esso sia. Mi affascinano i titoli dei romanzi di Marquez, ad esempio, evocativi e magici nella loro semplicità; ma quanti ce ne sono di Marquez in giro?
Come Marquez non c'è nessuno! Anch'io sono una sua appassionata lettrice. Da lui ho imparato molto, e continuo ad imparare! :-)
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